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Zipnews - 19.09.2013
Torino, 2013: 14 ore di file e risse per un pollo a “mille lire”.

Torino, 2013: 14 ore di file e risse
per un pollo a “mille lire”.

articolo su Zip News sulla festa dei 50 anni dei Girarrosti Santa Rita

La Torino che fu di fiumi di migranti, di guardaroba di cartone e serrature di spago che diventavano cemento, porte e lavori in fabbriche che, oggi, in molti cosi, non ci sono più. Alle volte ci sono ancora, ma nelle loro mura si scrive in cirillico o, se le fondamenta sono ancora piantate dove esse erano sorte, le voci sono ancora le stesse, ma fanno meno rumore, abbassano i toni per la paura che ogni giorno possa essere l’ultimo, che il prossimo taglio al personale abbia stampato il proprio nome.

E’ il 5 ottobre, si festeggiano i 50 anni del Girarrosto Santa Rita che, per condividere con i concittadini la ricorrenza, decide di vendere ben diecimila polli al prezzo simbolico di 50 cent, le mille lire di un tempo, contro i 7.80 euro del prezzo regolare. La calca inizia dalle 7 del mattino, la distribuzione dei numeri ricorda le razioni di carne della Romania di Ceaucescu: volti pallidi, gli indumenti più caldi di quanto dovrebbero essere, dato l’orario ancora notturno, tensione…sì, tensione. Dovrebbe essere una festa: 10.000 polli dovrebbero bastare a far felici tutti. La fila però non è composta da volti in festa ma da volti affamati, nostalgici: perché, a dirlo solo qualche anno fa poteva suonare strano, ma si può essere nostalgici anche di un pollo arrosto se si vive da anni in bilico tra i pasti della Caritas e la speranza di un lavoro, umile, ma dignitoso che si è consapevole non tornerà mai più.

All’annuncio che i numeri sono finiti scatta la ressa, qualcuno litiga, un piccolo gruppo viene addirittura alle mani in nome della tesi reciproca ed opposta del: “qui c’ero prima io“. In media, racconta La Stampa, ci vogliono 3 ore per scambiare un caldo pennuto imbevuto di aromi con una piccola moneta da 50 cent o, addirittura, una vecchia banconota da mille lire cui, per l’occasione speciale, viene riconferito valore monetario. La folla però, non scadiamo nel populismo, non è solo composta dai manichini della boutique della nuova povertà ma anche e forse in buona parte, da curiosi: da chi, semplicemente, il pollo arrosto non lo mangia più tutte le settimane ma “solo ogni tanto”.

La Torino del Santa Rita se colorata ad effetto seppia, sarebbe potuta sembrare esattamente come quella dei tempi in cui piovevano bombe da nuvole di acciaio. Oggi come allora la leccornia diviene lusso, agonia; elemento di distinzione sociale tra chi erra con la sua valigia di cartone e chi ancora ha la fortuna di poter custodire i suoi sogni nella tranquillità di un focolare, nella sua certezza. Un flusso di parallelismi fa da macchina del tempo per il sogno comune di chi ha atteso 3 ore in fila: un sogno talmente semplice che dovrebbe rappresentare la normalità, una casa, un lavoro, una famiglia da incontrare quando non c’è il sole e quando la schiena e le braccia bruciano per la fatica. Siamo in un momento in cui la più semplice ambizione rischia di diventare un’utopia…anacronismo: una fila infinita per una dignità che dovrebbe essere dovuta. Non trasformiamo dunque questa vicenda nell’ennesima “storia di crisi” ma, piuttosto, immaginiamo che, forse, anche in “tempi migliori” la fila sarebbe stata la stessa: a cambiare sarebbero stati i toni, l’eterogeneità della calca, la differenza tra desiderio e “sfizio”.

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